lunedì 27 maggio 2013

Cosa significa riclassificare i conti?

Il piano dei conti (pdc) è l’elenco dei conti utilizzati nelle registrazioni contabili e ogni azienda è libera di utilizzare il pdc che preferisce poiché non esiste alcuna norma che ne imponga uno. Definire il pdc aziendale, quindi, equivale a definire i criteri con cui saranno raggruppate le voci contabili, in altre parole a classificarle. La normativa fiscale ha spesso ripercussioni sui pdc: la necessità di calcolare le basi imponibili (IRES e IRAP hanno basi imponibili diverse) induce spesso ad usare conti ad hoc (per esempio carburanti deducibili e non).

A volte il desiderio di avere la possibilità di controllare la dinamica di alcune categorie di costi porta ad avere un pdc molto articolato (per esempio un conto per ciascun dipendente) ma che rende difficoltoso la visione d’insieme e il confronto fra periodi diversi. In questo caso è opportuno “riclassificare” tali voci raggruppandole con criteri volti ad analizzare l’efficienza delle diverse attività aziendale (acquisti, logistica, organizzativa, commerciale, ecc.) e per questo può essere necessaria la creazione di nuovi conti. 

Non esiste un criterio universale di riclassificazione perché dipende dalle caratteristiche dell’azienda e dal tipo di controllo di gestione desiderato dall’imprenditore; perciò è opportuno rivolgersi a consulenti specializzati.

martedì 21 maggio 2013

Una formula da premio Nobel

Il ROA (Return On Assets) è pari al rapporto fra il Reddito Operativo (Ebit) e il Capitale Investito (A) mentre il ROE (Return Of Equity) è dato dal rapporto fra il Reddito Netto (PAT) ed il Patrimonio Netto (E). Sono entrambi degli indicatori di “efficienza”: il ROA misura l’efficienza con cui è stato utilizzato il capitale investito nell’azienda mentre il ROE misura la redditività del capitale investito dai soci. Il ROA è quindi un indice di “performance” dell’azienda (o dei manager che l’hanno gestita), ma agli azionisti interessa più il ROE.
I due indici sono legati dalla seguente formula che nel 1985 valse il premio Nobel a Franco Modigliani (1918-2003) e a Merton Miller (1923-2000):
ROE = ((ROA-ROD) x Td + ROA) x (1-t)
Dove t è l’aliquota fiscale sui redditi, Td è l’indice d’indebitamento (vedi post del 27 aprile 2013) e ROD (Return On Debt) è il rapporto Interessi / Debiti. L’effetto della leva finanziaria, ovvero il termine (ROA-ROD) x Td, gioca a “favore” degli azionisti solo se ROA>ROD; in altre parole all’azionista conviene “utilizzare” il soldi di terzi (indebitarsi) solo se la performance aziendale ROA è maggiore dell’incidenza degli interessi sul debito, perché il guadagno che ne trarrà attraverso la gestione dell’azienda sarà maggiore a quanto dovrà restituire sotto forma d’interesse.

sabato 11 maggio 2013

L'analisi ABC

L’analisi ABC o di Pareto (1848-1923) è una tecnica basata sul principio di Pareto o legge 80-20 e non va confusa con il metodo ABC (Activity Based Costing) che è un metodo di analisi dei costi che si è sviluppata negli anni 80 e che ha legami con la catena del valore di Porter (1947-).
Il principio di Pareto afferma che in un qualunque insieme il 20% degli elementi occupa l’80% dello spazio (o del tempo, o del valore) disponibile. L’analisi delle giacenze è una delle applicazioni più frequenti: riordinando (dal valore più grande al più piccolo) le giacenze in magazzino è facile constatare che:
  • l’80% del valore complessivo è dovuto al primo 20% delle referenze (la classe A),
  • il successivo 15% del valore è dovuto al successivo 30% dei codici (la classe B), 
  • il 50% dei codici “meno importanti” (la classe C) vale solo il 5% del valore totale. 
Se si desidera ridurre il valore delle giacenze conviene intervenire sui codici della classe A, il loro dimezzamento, per esempio, consente la riduzione del 40% del valore del magazzino. Intervenire sulla classe C, invece, ridurrebbe il magazzino di un misero 2,5%. 
Le % sono empiriche (cambiano da caso a caso) ma l’ordine di grandezza non varia, e il principio si applica a tutto (costi di struttura, cause di guasto, ecc).

domenica 5 maggio 2013

A cosa serve l’analisi degli indici?

L’analisi dei dati di bilancio non può limitarsi a prendere in esame i solo valori assoluti, perché da soli non sono in grado di fornire indicazioni utili a valutare l’efficacia (la capacità di ottenere un obiettivo) e l’efficienza (la capacità di raggiungere un obiettivo con la minor quantità possibile di risorse) con cui il management conduce l’azienda. Avendo a disposizione il Conto Economico (CE) e lo Stato Patrimoniale (SP) di un’azienda è possibile eseguire il rapporto fra: 
  1. due valori economici (calcolati nel CE) ottenendo indici di efficacia (la redditività delle vendite ROS) o di efficienza (il margine di contribuzione percentuale MC2%, l’incidenza dei costi fissi CF%). 
  2. un valore economico ed uno patrimoniale determinando indici di efficienza la redditività dei capitali investiti (ROI), la redditività dei capitali propri (ROE), ecc. 
  3. due valori patrimoniali per determinare indici di solidità patrimoniale: tasso d’indebitamento (Td), indice di disponibilità (CR), indice di liquidità (QR), ecc. 
  4. un valore patrimoniale e uno economico per determinare la durata media dei debiti, dei crediti o delle rimanenze. 
L’analisi degli indici, inoltre, consente di confrontare i risultati di anni diversi della stessa azienda o di aziende diverse dello stesso settore.