Prima di poter illustrare il concetto
di Valore Aggiunto (o plusvalore) è necessario chiarire cosa sia il Valore di
un bene o di un servizio. Adam Smith (1723-1790) formula la prima teoria del
valore sostenendo che la visione fisocratica (per la quale il valore del bene è
pari al valore del lavoro necessario a produrlo) non è valida in un mondo industrializzato
in cui il valore di un bene è pari al valore del lavoro che è possibile
ottenere in cambio. Non è questa la sede per una discussione di tipo filosofico
o per evidenziare l’errore commesso da Karl Marx (1818-1893) in un passaggio
matematico nella formulazione della sua Teoria del Valore (Appunti di lezioni
di Analisi Economica, E. Bellino 2006), ma è importante sottolineare come sia
possibile dare definizioni diverse al concetto di Valore (e quindi di Valore
Aggiunto) a seconda di come si affronta il problema; il Valore Aggiunto può
essere calcolato secondo due diversi punti di vista:
Produttivo: sottraendo dal
valore dei beni e servizi prodotti (Ricavi) il valore dei beni e servizi
necessari per produrli ovvero: Valore Aggiunto = Ricavi – Costi Materie Prime –
Costi Servizi
Reddituale: sommando i redditi
che vengono distribuiti ai fattori della produzione, ovvero Valore Aggiunto = Costo Mano d’opera (reddito delle famiglie
che con il loro lavoro partecipano alla produzione del bene/servizio) + Oneri
Finanziari (remunerazione delle Banche che hanno prestato i soldi necessari
alla realizzazione degli investimenti/macchinari utilizzati nel processo
produttivo) + Tasse (versate allo Stato in cambio dei servizi di pubblica
utilità) + Utili (remunearzione dell’impresa che ha gestito l’intero processo
produttivo)
Dal punto di vista matematico
l’eguaglianza dei due metodi è conseguenza del fatto che il sistema economico è
un sistema a somma zero: le entrate di un attore economico corrispondono alle
uscite di un altro.
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